Nella memoria collettiva l’8 settembre è divenuto uno dei momenti più tragici della storia nazionale. La fuga da Roma del re d'Italia Vittorio Emanuele III di Savoia e del maresciallo d'Italia Pietro Badoglio (genericamente nota anche come fuga di Pescara, fuga di Ortona o fuga di Brindisi) consistette nel precipitoso abbandono della capitale – all'alba del 9 settembre 1943 – alla volta di Brindisi, da parte del sovrano, del capo del Governo e di alcuni esponenti della Real Casa, del governo e dei vertici militari. [31] Inoltre, pare che già dai primi di settembre la moglie e la figlia di Badoglio si fossero trasferite al sicuro in Svizzera. 225. Dopo frenetiche discussioni, durante le quali si era perfino ipotizzato di rigettare la firma della resa, Badoglio alle ore 19:42 diede disposizione di annunciare per radio la firma dell'armistizio alla popolazione italiana, ordinando ai reparti di «cessare le ostilità contro le forze angloamericane e di reagire ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza». STORIA 2007 . Sembra di no. Guariglia illustrò personalmente e francamente la situazione ai suoi interlocutori tedeschi i quali, avendo di conseguenza un chiaro quadro della portata dell'evento, senza indugi trassero drastiche conclusioni e, informata Berlino dello straordinario evento, chiesero e ottennero il permesso di lasciare al più presto la capitale italiana. Il re sta tentando di ricostituire in Italia, nel Regno del Sud, un regime fascistico per proteggere la dinastia», L'armistizio di Cassibile e l'occupazione tedesca, I compiti della corona e del governo nel settembre del 1943, Controversie sulla valutazione dell'operato del Re, Dibattito sulla continuità dello Stato italiano, ne venne avvisata durante il viaggio di rientro in Italia, ma volle proseguire. Durante il tragitto, il principe Umberto espresse ripetutamente delle remore, manifestando il desiderio di rientrare a Roma e porsi alla guida delle truppe italiane a sua difesa. Post su 8 settembre 1943 scritto da amiciandrea. Tra l'altro, il 13 ottobre l'Italia formalmente dichiarerà guerra alla Germania, condizione richiesta nelle clausole della resa per acquisire lo status di parte cobelligerante.[35]. Pretendere che l'Italia conservi il presente re è come pretendere che un redivivo resti abbracciato con un cadavere. […] Quest'ultima versione sembra accordarsi meglio con tutto ciò che si sa sul comportamento di Stalin ai primi di ottobre: gli sforzi frenetici per organizzare la difesa e per ottenere aiuti da Stati Uniti e Gran Bretagna, e la successiva decisione, in un momento di crisi acuta, di restare nella capitale. Il Paese fu così esposto ai rigori e alle sciagure di ulteriori venti mesi di guerra, sottoposto alla duplice occupazione di truppe straniere spesso indifferenti alle condizioni della popolazione civile e al patrimonio artistico, industriale e infrastrutturale italiano. Ortona Repubblicana L'ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi su questo punto si è espresso con le seguenti parole: «Non perdonai la fuga del re, anche se riconobbi che, andando al Sud, aveva in qualche maniera garantito la continuità dello Stato». [28], Nel pomeriggio le auto raggiunsero l'aeroporto di Pescara, dove era presente un gruppo di volo comandato dal principe Carlo Ruspoli che, avuta notizia delle intenzioni dei Reali, espresse stupore e sdegno per quella fuga; Vittorio Emanuele III si trincerò dietro gli obblighi costituzionali "Devo essere ossequente alle decisioni del mio governo". Va tuttavia aggiunto che il Re era ormai anziano (aveva quasi 74 anni) e che erano ben lontani gli anni della prima guerra mondiale, quando Vittorio Emanuele, sovente in visita al fronte, s'era guadagnato l'appellativo di "Re soldato". Alle ore 18,10 di mercoledì 8 settembre 1943 un’Alfa Romeo militare, proveniente da Via Veneto, dopo aver percorso la breve salita di via XXIV Maggio, entrò nel palazzo del Quirinale. 80 divisioni disarmate, 547.000 prigionieri di cui 34.744 ufficiali, un bottino di 1.255.000 fucili, 38.000 mitragliatrici, 10.000 cannoni, 15.500 automezzi, 970 mezzi corazzati, 67.000 cavalli e muli, 2.800 aerei di prima linea 600 di altro tipo, 10 torpediniere e cacciatorpediniere e 51 unità minori della Regia Marina. 8-9. «Nell'ora solenne che incombe sui destini della patria ognuno riprenda il suo posto di dovere, di fede e di combattimento: nessuna deviazione deve essere tollerata, nessuna recriminazione essere consentita.». Gli Alleati, al fine di aiutare l'Italia nella difesa di Roma, erano anche pronti a mettere in campo una divisione aviotrasportata, la 82ª statunitense, che sarebbe dovuta atterrare in uno o più aeroporti vicini a Roma, posto che il Comando Supremo italiano avesse assicurato la difesa dell'aeroporto stesso. Il proclama di armistizio di Badoglio dell'8 settembre 1943 è l'annuncio dell'entrata in vigore dell'armistizio di Cassibile firmato dal governo Badoglio I del Regno d'Italia con gli Alleati della seconda guerra mondiale. Stando invece ad Aldo Castellani, Grandi andò in Portogallo per ordine del Re, al fine di prendere contatto con gli inglesi[10]. È il caso dell'ultimo, vero, re d'Italia, Vittorio Emanuele III, la cui salma è tornata nel 2017 nel nostro Paese. Mussolini fu speditamente sostituito alla testa del governo dal maresciallo d'Italia Pietro Badoglio, un militare piemontese largamente compromesso con le iniziative del regime fascista e – malgrado la pessima prova da questi fornita durante la campagna di Grecia – preferito dal sovrano al parigrado Enrico Caviglia, del quale lo stesso Grandi aveva caldeggiato la candidatura, e che pare fosse sospettato a corte di essere "troppo filobritannico". Mario Roatta, vice Capo di Stato Maggiore (anche lui in fuga), diede sommarie istruzioni sul da farsi al generale Giacomo Carboni, ordinandogli in particolare di disporre affinché due tra le più potenti formazioni militari italiane (la divisione corazzata Ariete e la divisione motorizzata Piave) poste a difesa della capitale abbandonassero la difesa di Roma e fossero invece disposte, di fatto, a difesa della via di fuga scelta dal Re, la via Tiburtina, uscendo da Roma e schierandosi a cavallo della strada verso Tivoli (nella quale avrebbe dovuto anche essere spostato il comando corpo d'armata), sì da impedire eventuali puntate germaniche in quella direzione. alla monarchia dei tradimenti La notte del 9 settembre 1943 Questi ultimi, tuttavia, sbarcarono a Taranto il giorno dopo la proclamazione dell'armistizio. [21] Commentando: «Non voglio correre il rischio di fare la fine del re dei Belgi. La nave non attraccò, nella lancia inviata al molo comunque fu stipata più gente che si poteva. Denis Mack Smith riporta anche il giudizio che diede, A Brindisi il governo di Badoglio non tentò di riprendere il controllo delle armate italiane rimaste intrappolate in Grecia ed Albania, né alla flotta furono dati ordini precisi. La tesi della fuga del Re, sopra riportata, resta prevalente, ma una ricca storiografia respinge, in tutto o in parte, una simile ricostruzione[46]. Il Paese allo sbando. La risposta degli anglo-americani fu drammatica: gli aerei alleati scaricarono bombe sulle città della penisola. Da parte di alcuni testimoni e studiosi si avanza la tesi secondo la quale la continuità dello Stato si sarebbe interrotta nel caso in cui il Re e il governo fossero stati catturati e che ciò permise all'Italia di non subire condizioni di resa ancora peggiori. Poco più di un'ora dopo, Badoglio fece il suo annuncio da Roma. A quel punto, però, l'uso dell'aeroplano fu escluso nel timore di possibili ribellioni: anche i piloti operanti in zona non erano d'accordo a partecipare ad un'azione che consideravano indecorosa,[29] un'altra possibile spiegazione (addotta da Badoglio nella sua opera L'Italia nella seconda guerra mondiale) fu il fatto che «la regina sofferente di cuore, non avrebbe potuto sopportare il volo».[30][31]. Badoglio accettò il diktat e così il 3 settembre 1943 fu siglato segretamente l’Armistizio a Cassibile, in Sicilia su cui il generale Castellano e lo statunitense Bedell-Smith apposero le firme. Vittorio Emanuele III e il generale Badoglio diedero la priorità soprattutto alla propria sicurezza, optando per la fuga. Alcuni storici, tra i quali Lucio Villari, Massimo de Leonardis, Luciano Garibaldi, Giorgio Rumi, Aldo Mola, Francesco Perfetti e altri uomini di cultura, giornalisti o giuristi, quali Lucio Lami, Franco Malnati, Gigi Speroni, Antonio Spinosa, hanno formulato una loro tesi sulla fuga del Re. Sono state reperite materie prime in quantità molto superiori a quelle che ci si aspettava alla luce delle incessanti richieste economiche italiane […]», «Da questo porto Questa pagina è stata modificata per l'ultima volta il 21 gen 2021 alle 01:13. Questo testo, articolato in 44 articoli, verrà chiamato armistizio lungo e definirà le severe condizioni della resa italiana. Lui doveva andare via come atto di sensibilità morale. Questi porti e aeroporti dovranno essere protetti dalle Forze Armate italiane finché questo compito non sarà assunto dagli Alleati", 8 ("Immediato richiamo in Italia delle Forze Armate italiane da ogni partecipazione in guerra in qualsiasi zona si trovino attualmente impegnate"), 9 ("Garanzia da parte del Governo italiano che, se necessario, impiegherà tutte le sue forze disponibili per assicurare la sollecita e precisa esecuzione di tutte le condizioni di armistizio"). La storia della "fuga" sarebbe nata secondo una tesi in ambienti della Repubblica Sociale Italiana e successivamente, adottata in chiave anti-monarchica da larghi settori della politica italiana. L'ultimo Re d’Italia fuggì Nelle sue memorie, il colonnello delle SS Eugen Dollmann dichiarò che: «La famiglia reale e Badoglio nel frattempo erano partiti, con somma delusione del cosiddetto gruppo estremista del quartier generale di Kesselring […] Ma non trovarono che il genero del Re, il generale Calvi di Bergolo, il cui sacrificio morale ha un valore che gl'italiani non dovrebbero dimenticare. Si addivenne così a quello che fu definito impropriamente "Regno del Sud", di fatto del tutto subordinato all'amministrazione militare alleata (Allied Military Government of Occupied Territories, AMGOT). L'esercito regio, al momento dell'annuncio dell'armistizio aveva dislocati sul suolo italiano oltre un milione di uomini in armi cui si trovavano contrapposti circa 400.000 soldati tedeschi. nel nome santo di Repubblica. Era tutto interesse di Hitler quello di contrastare l'operato di Badoglio occupando l'Italia, in quanto la penisola era di enorme importanza strategica nel confronto militare con le forze degli inglesi e degli americani. [...] «Senza di noi fascisti», aveva detto Mussolini, «Roma tornerebbe ad essere papalina». Roatta (interrompe): E la ‘Granatieri’? […] Secondo il maresciallo e i suoi più intimi collaboratori, la monarchia aveva salvato l'unità d'Italia abbandonando Roma, e salvato Roma lasciandovi un membro di casa Savoia.[54]». Il papa Pio XII fece allora pubblicare un vero e proprio atto di accusa contro chi non rispettava né gli altissimi valori tradizionali rappresentati da Roma, né la presenza della Chiesa, né la vita delle persone che vi si erano rifugiate. Il colloquio prosegue: La fuga di Vittorio Emanuele III e la nascita del, Il dibattito sull'8 settembre come "morte della patria", Badoglio annuncia l'armistizio dell'Italia, Testo dell'annuncio del generale Dwight D. Eisenhower fatto da Radio Algeri un'ora prima di quello di Badoglio, Messaggio alla nazione di Franklin D. Roosevelt, Presidente degli Stati Uniti d'America, BBC ON THIS DAY | 8 | 1943: Italy's surrender announced, https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Proclama_Badoglio_dell%278_settembre_1943&oldid=117809274, licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Al loro arrivo a destinazione i reali furono accolti dall'ammiraglio Rubartelli, che aveva pieno controllo della zona e che rimase sbalordito dall'improvvisa comparsa di Vittorio Emanuele. Molti, militari e non, a seguito del Re non riuscirono ad imbarcarsi, tornarono a Chieti da dove, abbandonati gli averi e procurati abiti civili e anonimi, si diedero alla macchia. In particolare, vengono sottolineate le responsabilità di parte dei vertici militari, collocando la vicenda nel complicato contesto bellico che indusse Badoglio ad optare per una strategia "temporeggiatrice", come la definisce lo storico Mola. I tempi, dunque, stringono e bisogna affrettarsi a trovare una soluzione. A tale scopo, già durante l'incontro di Cassibile, nella notte tra il 3 e il 4 settembre, era stata evidenziata alla delegazione italiana la necessità di verificare la difendibilità da parte italiana di Centocelle e Guidonia, non scartando altre opzioni; il piano era denominato Giant 2; Castellano suggerì alternative come Cerveteri e la frazione Furbara, lontane dagli acquartieramenti tedeschi. [2], «Stiamo per invadere un Paese ricco di storia, di cultura e d'arte come pochissimi altri. L'Italia meridionale, in parte già abbandonata dai nazisti, pareva offrire le migliori premesse in questo senso. In seguito a questo evento – che seguì immediatamente l'annuncio, la sera dell'8 settembre, dell'armistizio siglato con gli Alleati il 3 settembre – le forze di terra italiane, abbandonate a loro stesse e senza ordini e piani precisi,[1] non furono in grado di opporre un'efficace e coordinata resistenza alla ovvia e prevedibile reazione tedesca, disintegrandosi nel volgere di poche decine di ore e finendo in larga parte preda dei tedeschi, con eccezione delle guarnigioni di Sardegna e Corsica, in Puglia e – almeno per due giorni – alla periferia sud di Roma. Tutti costoro hanno sostenuto che la Resistenza e la Costituzione hanno efficacemente fatto rinascere un sentimento nazionale italiano[12] . L'8 settembre 1943 raccontato dall'ultimo corazziere del re Corso, 1945. Le critiche che vengono mosse a queste tesi di revisione storica sul comportamento di Vittorio Emanuele III si fondano su considerazioni per lo più strategiche e militari. [13] A tale scopo venne inviata una missione militare a Roma, nella notte tra il 6 e il 7 settembre, con il generale Taylor, vicecomandante della 82ª. Erano assenti tutti gli altri membri della Famiglia Reale, alcuni dei quali furono poi arrestati dai tedeschi e internati in Germania (la principessa ereditaria e i figli riuscirono però a riparare in Svizzera). Si decise così di continuare il viaggio in nave partendo dal porto di Ortona. Fu in tal modo consentito all'ex alleato di occupare agevolmente oltre due terzi del territorio nazionale e tutti i territori in Francia, nei Balcani e in Grecia, e di catturare ingentissime quantità di bottino e quasi seicentomila militari italiani; questi furono dai tedeschi considerati non come prigionieri di guerra, soggetti quindi alla convenzione di Ginevra in materia, ma come "internati", classificazione che dava al governo tedesco, secondo un'interpretazione assolutamente unilaterale voluta da Hitler in persona, il diritto di trattare e sfruttare i prigionieri con metodi e modi del tutto al di fuori delle convenzioni internazionali. Abbandonando la capitale, le massime personalità politiche di un Paese all'orlo del collasso non lasciarono dietro di sé un vero e proprio governo ad interim, ma il caos più completo.[20]. Più della metà dei soldati in servizio nella penisola abbandonarono le armi e tornarono alle loro case in abiti civili. Vengono portati a giustificazione del trasferimento del Re altri casi in cui personalità politiche, nell'imminenza dell'invasione tedesca, si allontanarono dalle rispettive capitali o fuggirono all'estero: in Francia, nel giugno 1940, il presidente della repubblica Albert Lebrun si trasferì a Bordeaux con tutto il governo e Stalin ordinò il trasferimento del governo a Kujbyšev, 800 chilometri da Mosca, anche se in ultimo restò nella capitale,[49] mentre altri progettavano di farlo (il re Giorgio VI aveva programmato di trasferirsi in Canada nel caso in cui i tedeschi fossero riusciti ad attraversare la Manica). «Roatta: Tu puoi muovere subito le tue divisioni? 8 settembre 1943, la fuga del Re e Badoglio: Vittorio Emanuele III doveva farlo di Salvatore Sfrecola Pubblicato il 15 Settembre 2013 9:01 | Ultimo aggiornamento: 15 Settembre … Radio Bari l'11 settembre diffuse un proclama del Re[38]: «Per il supremo bene della Patria, che è stato sempre il mio primo pensiero e lo scopo della mia vita e nell'intento di evitare più gravi sofferenze e maggiori sacrifici, ho autorizzato la richiesta dell'armistizio. Salerno capitale d'Italia 11 febbraio 1944-agosto 1944. Il peso del governo del Regno del sud fu nullo o molto scarso in quanto aveva solo un potere amministrativo e solo in 7 province meridionali (quattro della Puglia e la Sardegna), in quanto il resto del paese era sotto occupazione anglo-americana o tedesca. [27] Inoltre, l'auto fu fermata da tre posti di blocco tedeschi, che comunque vennero superati facilmente con il semplice avvertimento che a bordo vi erano "ufficiali generali". Lo sbarco a Salerno. A seguire il piccolo corteo di auto con a bordo reali, ad intervalli regolari, si mossero gli altri generali mentre due autoblindo sulle quali era trasportato il generale Zanussi facevano da scorta al convoglio in fuga. 9 settembre 1943 – La vera storia di ciò che accadde a bordo della Corazzata Roma, raccontato in presa diretta da alcuni protagonisti. Corkscrew – Sicilia – Bombardamento di Roma – Calabria – Achse – Taranto – Salerno – Quercia – Napoli – Termoli – Linea del Volturno – Linea Barbara – Bombardamento di Bari – Linea Bernhardt – Monte Camino – Montelungo– San Pietro Infine – Fiume Moro – Ortona – Linea Gustav, 1944 Nello stesso giorno, Vittorio Emanuele III si rivolse con queste parole a Dino Grandi «Mi dia un voto del Gran Consiglio del Fascismo che mi offra un pretesto costituzionale per dimissionare Mussolini».[4]. Cadde quindi facilmente prigioniera dai nazisti e fu deportata nel campo di concentramento di Buchenwald ove, duramente provata dalla prigionia, morì per le ferite riportate durante un bombardamento alleato. 8 settembre 1943: entra in vigore l’armistizio Il generale Giuseppe Castellano (in borghese) stringe la mano al generale Eisenhower dopo la firma dell'armistizio. anelando giustizia Anche sulla figura del Re sono stati sollevati dubbi riguardo alla lealtà verso il Paese, dal punto di vista economico; in un suo libro Indro Montanelli[33] sostiene come il Re mantenesse cospicui depositi di denaro in Gran Bretagna. 283, prefazione di Silvio Bertoldi, traduzione di Italo Zingarelli, ed. «Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. Dopo essersi sistemato a Brindisi, il gruppo riprese le trattative con gli alleati. ... Il Duce si recò dal re il pomeriggio del 25 luglio deciso a proporre una manovra per scuotere gli Italiani. «Sono appena passate le sei, qualche soldato, fermo sui marciapiedi davanti agli edifici del Ministero della Guerra e dello Stato Maggiore, saluta; ma gli altri, i più, restano come sono, berretto di traverso, viso torvo, mani in tasca. Sezioni. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Quella stessa sera fu diffuso anche un proclama del maresciallo Badoglio che, come il Re, parlava per la prima volta agli italiani dopo l'armistizio[40]: «Italiani! Carboni: Perché? (ricordiamoci che nessuno delle due Italie del resto, e tantomeno quella del Sud, aveva dichiarato guerra alla Germania! Carboni: Posso muovere subito la divisione ‘Piave’ e quasi tutta l’’Ariete’; anche la parte di questa divisione che non può muovere subito ritengo che potrà disimpegnarsi presto senza difficoltà. Questi ultimi considerarono come confermata la loro immagine dell'Italia: quella di un interlocutore volubile e inaffidabile: inviati da Eisenhower per le trattative, il generale Mason MacFarlane e i suoi consiglieri arrivarono in Puglia sorpresi dal fatto di trovare uno staff politico totalmente impreparato alle trattative e addirittura ignaro del testo dell’armistizio corto (ossia quello firmato da Castellano il 3 settembre). Tra il 24 e il 25 luglio 1943 il Duce aveva convocato il Gran Consiglio del Fascismo per ottenere . (Internati militari italiani) nelle settimane immediatamente successive. Il ministero degli Esteri italiano, dando prova di quell'organizzazione e freddezza che la sera dell'8 settembre parvero del tutto mancare al Quirinale e a Palazzo Baracchini (sede del Ministero della Guerra), fece preparare alla stazione Termini un treno speciale per rimpatriare i diplomatici tedeschi. Sono passati esattamente 75 anni da uno dei giorni più importanti nell’immaginario collettivo italiano, l’8 settembre 1943. Il giurista e scrittore Salvatore Satta, nel suo libro di riflessioni De profundis del 1948, definì l'8 settembre la "morte della patria", con riferimento all'implosione dell'intero apparato statale costruito dopo il Risorgimento, aggiungendo che "la morte della patria è certamente l'avvenimento più grandioso che possa occorrere nella vita dell'individuo"[8]. Il carattere di fuga fu accentuato dal fatto che nessuno, nella fretta e confusione di lasciare la capitale, avvertì la Principessa. S.E.I., 1999, Vol. Ma se la distruzione di un bellissimo monumento può significare la salvezza di un solo G.I., ebbene, si distrugga quel bellissimo monumento.». A Villa Wolkonsky, allora sede dell'ambasciata tedesca a Roma, giunse a sostituirlo come incaricato d'affari Rudolf Rahn. I corazzieri di servizio resero gli onori militari perché le sentinelle avevano tempestivamente segnalato la macchina; era quella di Umberto di Savoia. Di fronte all'inarrestabile avanzata alleata e alla campagna di bombardamenti aerei e navali che investiva il resto d'Italia, prima ancora che Catania fosse occupata dagli inglesi il 5 agosto 1943 e che l'ultimo lembo di terra siciliana fosse evacuato dalle forze dell'Asse (occupazione di Messina il 17 agosto), il Re decise infine di liberarsi di colui che gli Italiani ritenevano il primo responsabile del disastro, destituendo e facendo arrestare Benito Mussolini il 25 luglio 1943, appena dopo la sfiducia decretatagli a maggioranza nella notte precedente dallo stesso Gran consiglio del fascismo, per iniziativa di Dino Grandi. Il testo originale era stato portato a Brindisi dal general Zanussi, fuggito insieme al re. Nella parte meridionale, invece, muoveva i primi passi quello che viene talvolta chiamato Regno del Sud. Stupefatti ricevettero l'ordine di tornare immediatamente a Roma, assieme con tutto il personale: la capitale italiana, appresero, era stata abbandonata dal Re e dal governo e, lasciata senza una coerente difesa, era ormai controllata dai soldati tedeschi.[23]. Tuttavia, nonostante il precedente del 25 luglio, né Rahn, né il console tedesco a Roma, Eitel Friedrich Moellhausen, furono in grado di anticipare la notizia dell'armistizio italiano dell'8 settembre. Consegnando la martoriata patria Nei giorni dal 5 al 7 settembre i bombardamenti furono intensi: oltre 130 aerei B-17 attaccarono Civitavecchia e Viterbo. dalle sue macerie e dalle sue ferite La complessità degli avvenimenti susseguitisi alle dimissioni di Mussolini fino allo stabilimento della sede del governo a Brindisi è stata fonte di interpretazioni discordanti sulle effettive intenzioni e azione del Re e dei suoi ministri.

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